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Dopo lo strike …attimi fuggenti: il segreto della ferrata

ricciola

 

Di Michele Prezioso

E’ un dato di fatto: se si è a pesca è normale che prima o poi un pesce abbocchi….

Eppure, ogni qual volta succede, che sia la centesima o la millesima volta, a nulla vale guardare in continuazione la punta della canna: veniamo inevitabilmente colti di sorpresa, il cuore ci salta in gola e l’adrenalina sale!

L’importante, dopo essersi goduti l’emozione e la soddisfazione per lo strike, è sapere bene cosa fare perché le azioni che impronteremo saranno decisive per la cattura.

Ad ognuno il suo

L’approccio all’esca dei pesci che insidieremo sarà diverso a seconda del pesce, delle situazioni e delle esche, oltre che della velocità di traina.

Sebbene siano decisamente schematici nei loro atteggiamenti, i predatori possono cambiare le azioni di ingaggio in funzione di molti elementi che non possiamo conoscere a priori.

Anche le dimensioni, e quindi l’età del pesce, sono variabili che determinano un atteggiamento specifico.

Vediamo, quindi, nel dettaglio le varie casistiche con cui, nel corso degli anni, ci siamo confrontati.

La regina

La ricciola è capace di vere e proprie magie: ecco una seppia tenuta in bocca per un bel po’, restituita integra ma ben “ scartavetrata”, evitando l’insidia degli ami

Quando ci confronteremo con pesci di branco fino ad una decina di chili, le mangiate saranno veloci e frenetiche, degli attacchi che definiremmo di “rapina”, soprattutto se useremo come esca dei cefalopodi, calamari o seppie che siano.

Il tutto è motivato dalla competitività che si genera nello stesso branco; tant’è che non sono rari doppi attacchi sulla stessa esca o scippi che ce ne  lasciano inspiegabilmente senza, perché portati dal basso verso l’alto e non da dietro.

Basteranno dieci secondi per decidere le sorti dello strike e la ferrata dovrà essere netta e il sangue freddo, perché dovremo azzeccare il “timing” dell’azione, pena … un pugno di mosche.

Le ricciole di branco sono fulminee nei loro attacchi, delle vere rapine con cui sono capaci di rubare l’esca rimanendo perfettamente indenni

Se ci imbatteremo in animali di taglia e quindi esperti, il confronto con inneschi fatti con seppie e calamari sarà quasi bizzarro: attacchi che faranno appena vibrare la cima della canna, come se fossero pagelli, tanute o sciarrani, a mangiucchiare l’esca che solo dopo un po’ si trasformeranno nella sensazione di un incaglio, di quelli inesorabili dove si perde tutto, piombo ed esca.

Ma, dopo la prima impressione, ci si accorgerà che dall’altra parte non c’è il fondo ma un pesce capace di strategie di massima intelligenza.

La ferrata scatenerà una reazione che segnerà uno dei momenti più belli della vostra carriera di pescatore.

Occhio al fondo e agli scogli, perché l’obiettivo del pescione sarà quello di recidere il guinzaglio sulle rocce; la risposta sarà di virare verso la profondità senza concedere bando, ma neanche forzando il pesce che si scatenerà, altrimenti, in fughe rabbiose verso il fondo.

Le ricciole di taglia hanno delle bocche smisurate con le quali risucchiano letteralmente le esche

La ricciola e i pesci

Cosa ben diversa sarà se incontreremo la ricciola trainando un tombarello, una palamita, uno sgombro di taglia, o un alletterato; anche in questo caso la big lola avrà un comportamento ancora più sospettoso e, prima di ingurgitare l’esca, ci metterà molto tempo. La potrà seguire per un pezzo, per valutare le cose, e poi un guizzo del pesce o un movimento della canna farà scattare la predazione.

Ecco un tonno alletterato adoperato come esca: la ricciola lo ha afferrato e trattenuto per molto tempo. Per poterlo inghiottire ha dovuto piegarlo e rigirarlo, manovra che ha spezzato il pesce in due; poi qualcosa la ha insospettita e ha mollato il boccone !

Prenderà filo centimetro dopo centimetro e noi dovremo condurre le danze  regolandone la fuoriuscita con la pressione del dito sulla bobina.

E’ un giochetto che potrà durare mezzo lunghissimo minuto ed anche più; la quiete che precede la tempesta che arriverà inesorabile.

Dategli tutto il tempo di ingoiare e solo dopo ferreremo. Sebbene non è raro, soprattutto se l’esca è di peso, che se la tenga in bocca per un bel po’ e poi riesca anche a risputarla. Gli ami in questo caso giocano un ruolo determinante.

Il dentice

Anche il dentice non scherza in quanto a bocca, armata di potenti canini; a differenza della ricciola, aggredisce l’esca mordendola e dilaniandola 

Per il dentice la storia è diversa ma attenzione, perché la profondità e la quantità di lenza in acqua giocano un ruolo importante nel ritardo che c’è tra l’attacco del pesce e la nostra reazione. Usando seppie e calamari l’attacco sarà violento.

Ma non lasciamoci ingannare perché dovremo dare tempo (parliamo di secondi) al pesce di avere bene gli ami in bocca.

Solo allora partirà una ferrata netta e decisa che precederà il combattimento. Anche i dentici, in alcuni casi, sono sospettosi e mordicchiano l’esca; niente di più sbagliato che tentare di ferrarli.

Interromperanno definitivamente l’attacco, abbandoneranno l’esca e noi perderemo ogni opportunità.

Invece dovremo aprire la frizione e appoggiare tutto sul fondo aspettando che completi il pasto e solo dopo ferrare. I piccoli attaccano nervosamente e con morsi veloci.

Ci saranno poche opportunità di successo, salvo avere molta pazienza facendoli mangiare con molta tranquillità, cadenzando il ritmo dei morsi per ferrare al momento giusto.

Sebbene capaci di attacchi molto violenti, a volte mordono l’esca in punta di labbra, facendola franca : in questo caso non è successo così
E con i pesci?

La tecnica, quando useremo pesciolini come esca, cambia notevolmente, anche perché la velocità di traina sarà più moderata e l’approccio del dentice molto diverso e meno violento che con i cefalopodi. In questo caso sarà imperativo pescare con la canna in mano per seguire passo passo tutte le fasi dello strike.

Un sughero attaccato da un dentice dal basso; non sempre l’attacco del dentice ai pesci va a buon fine

Considerando che le esche migliori sono boghe, menole e sugheri di taglia modesta, può succedere che il dentice, dopo la prima debole aggressione, mangi non solo a lungo, ma riesca anche ad evitare gli ami. In particolare, poiché è conveniente, per non penalizzare la vitalità e mobilità dell’esca, innescarla con un solo amo, la situazione comporta ancora maggior sangue freddo e pazienza.

Nel profondo

Il praio .. l’aggressività del dentice e la forza e la resistenza dell’orata

Quando si scende nel blu oltre i 60-70 metri, si può incappare in paraghi extra large e con questi pesci ferrare sarà semplice perché l’aggressività di questa specie e l’approccio all’esca è tale che si autoferrano.

Ma vi aspetterà un combattimento al cardiopalma, perché i prai, oltre ad essere straordinariamente potenti, non soffrono la rapida diminuzione della profondità come i dentici. Le esche per insidiare i grandi paraghi saranno le stesse dei dentici.