Con il mese di settembre ecco il giro di boa della stagione alieutica.
La pressione vacanziera inizia a diminuire drasticamente ed iniziamo ad appropriarci nuovamente delle spiagge e dei nostri spot preferiti.
La fine dell’estate e l’inizio dell’autunno sono mesi molto propizi per la pesca, dove molte specie accostano per prepararsi poi all’allontanamento invernale che li porterà a frequentare batimetriche profonde e lontane.
Ecco che alcune tecniche, come la traina di superficie, ad esempio, trovano i loro momenti propizi.
Infatti questo periodo dell’anno è caratterizzato da una presenza di pesce, soprattutto di pelagici in età giovanile, molto elevata; pesci in fase di crescita obbligati letteralmente ad aumentare peso e dimensioni, e quindi estremamente voraci, per garantirsi la sopravvivenza.
Ci confronteremo quindi con alletterati, tonni rossi, palamite, lampughe, tutti in fase giovanile che in perenne frenesia alimentare, abboccheranno a qualsiasi cosa trainata anche in modo appena credibile.
Vittime di una naturale voracità.
Già il mondo social, dei gruppi di pesca, inizia a “colorarsi” di foto tutt’altro che lusinghiere con carnieri vergognosi di piccoli pesci, senza rispetto di taglie e specie, con grande vanto, ma anche senza nessuna vergogna, da parte del pescatore, di tanta prodezza alieutica.
A breve, poi, incontreremo in mare pescatori intenti nella “tecnicissima” pesca a battere, dimostrazione di una evoluzione (dei pescatori) ferma ai secoli più bui della nostra storia.
Per non contare coloro che, mostrando carnieri molto discutibili, chiedono dopo, incuranti, che pesci hanno pescato …
Parliamoci chiaro, il punto di quel che vi racconto non è il danno biologico, perché tutti questi pesci vengono decimati già dai propri simili.
I tonni mangiano i loro piccoli, così come fanno le ricciole, in una catena alimentare, che i buonisti potrebbero definire crudele, ma che in realtà è puro equilibrio biologico.
(Per non parlare poi della pesca professionale, che non va per il sottile … ma questa è un’altra triste storia)
Quindi non saremo davvero noi pescatori che, consapevoli o meno, portando a casa qualche decina di chili di tonnetti, ne pregiudicheremo lo stock.
Quel che pregiudicheremo sul serio sarà la nostra dignità di pescatori perché, oltre a contravvenire delle regole che prendiamo sotto gamba facendo spallucce, sia per una diffusa carenza etica che per la carenza cronica di controlli, ci poniamo nei confronti del mare, come inutili predatori.
Infatti quegli igloo traboccanti di pesci, spesso sotto misura, sono indubbiamente il frutto di qualche capacità alieutica, ma sono anche la misura della maturità dei pescatori.
Soprattutto il mostrare il trofeo, dove quantità e dimensione è solo l’appagamento di inutili picchi di testosterone.
Nessuna tecnica è esente da questa tipologia di protagonismo, subacquei inclusi che, grazie a capacità anche atletiche davvero performanti, spesso cadono nel tranello di questo inqualificabile narcisismo.
A pesca ci si deve andare per gratificare la tavola e per il piacere di andare e non per mostrare capacità il cui valore vero, nella vita reale conta davvero molto, ma molto poco.
La pesca, ricreativa o sportiva che sia, non nobiliterà mai l’uomo, non lo rende davvero migliore di un altro.
La pesca migliora l’uomo quando rispetta le regole, soprattutto quelle non scritte … quelle del buon senso