Sistema in equilibrio
di Domenico Craveli
La traina con il vivo è una disciplina che molti reputano semplice, come se pescare fosse uno schema ripetitivo e sempre funzionale. In questo preciso periodo storico il concetto comune tra i neo appassionati è che basti acquisire informazioni tramite il web, e la cattura diventa una logica conseguenza.
Non è così, perché per pescare bene serve un equilibrio dell’intero complesso pescante, e raggiungerlo è prerogativa di esperienza e applicazione.
I successi nella traina con il vivo partono da lontano, molto lontano, perché è nella storia di questa tecnica che è possibile trovare le informazioni fondamentali su cui poggiare le strategie moderne di pesca.
Non è facile per un neofita, ed a volte anche per uno pseudo esperto, capire perché la lenza a mano del “vecchio” di turno pesca di più della sua canna e mulinello.
O come mai una grande ricciola può aggredire un’esca su un terminale del 100, e rifiutare un boccone portato a spasso su un esile 50… Quello che sembra incomprensibile in realtà porta con sé le spiegazioni per capire in modo intrinseco la traina con le esche vive e gli equilibri che permettono grandi performance di pesca nelle condizioni più diverse.
La scelta della canna
Sulle canne da traina ognuno racconta la propria storia. In realtà, esistono attrezzi con ampio range di applicazione che coprono gran parte delle esigenze, ma non tutte; quindi, prima di chiedersi cosa comprare, valutare invece cosa insidiare e dove ..
La canna filosofale non esiste, perché è impensabile che un attrezzo possa essere in grado di coprire tutte le esigenze di pesca in modo così specifico come magari erroneamente pensiamo.
Scegliere l’attrezzo giusto, considerando solo i pomposi termini con i quali viene reclamizzato, non è affatto semplice, e si rischia di acquistare un attrezzo inadatto. Inadatto, non significa però scarso, ma vuol dire non consono alle proprie esigenze di pesca.
Quindi il punto di partenza, nella scelta della canna, è rappresentato dall’analisi di quello che vogliamo fare con maggiore frequenza.
Se le nostre mire sono le ricciole, per esempio, e le tentiamo con esche grandi come tunnidi, è controproducente equipaggiarsi con una canna lunga, dalla vetta sensibile del tipo “tip action”: meglio un attrezzo più parabolico e corto.
Le canne “pastose” sono ottime per innescare grandi esche con amo singolo, perché accompagnano con la loro curva, in modo morbido, l’approccio del predatore all’esca
Diametralmente opposta è la situazione dove invece la nostra passione ci spinge ad adottare condotte di traina che prevedono prevalentemente l’uso di cefalopodi come esca, e la preda regina è il dentice, con la ricciola come gradita sorpresa.
In questo specifico caso, serve una canna ad azione progressiva, con una vetta che sia in grado di tradire il più timido approccio… anche di una minuscola tanuta.
Naturalmente, le canne lunghe e sensibili non possono essere spinte su fondali impegnativi, per esempio a 90 metri con 750gr di zavorra; nello specifico, per pescare a grandi profondità, cosa molto in voga quando sulle batimetriche solite non si trova pesce, una canna corta è da preferire.
Il trecciato
Orientarsi verso il prodotto giusto per la traina non è semplice. Oggi il mercato offre prodotti tutti di ottima qualità, ma spesso inadatti per il trolling. Sta alle varie aziende importatrici fornire ai negozianti le nozioni che servono per indirizzare un appassionato verso l’articolo più indicato allo scopo. Lo scambio di informazioni tra gli appassionati è, comunque, una risorsa da sfruttare in caso di dubbi… ma non è detto che il confronto aiuti a trovare risposte: spesso, sul web, gli interrogativi dopo un confronto aumentano
Considerato solo per il suo carico di rottura, in realtà il trecciato in bobina è quello che influenza più di tutti la condotta di traina e l’efficacia in azione.
Pensando ad un 40lbs come riferimento, dovremo stare alla larga da tutti quei trecciati che appaiono eccessivamente “ruvidi” al tatto, poiché il loro attrito sarà tale da imporci utilizzo di zavorre più pesanti, quindi alterando tutto l’assetto in affondamento.
Altro fattore non trascurabile è che un trecciato di alta qualità, trattato superficialmente in modo tale da non perdere le proprie caratteristiche già dopo qualche uscita, “stride” di meno al passaggio tra gli anelli.
Ci sono dei braided infatti che si comportano come un cavo microfonico, amplificando il rumore in acqua; cosa che, è stata abbondantemente provata, da fastidio ai pesci.
Terminali
Un dentice catturato con terminale doppiato dello 0.47. Spesso, su fondali bassi, si preferisce doppiare un diametro sottile, anziché optare per una lenza di sezione maggiore
Il terminale è l’elemento che ci tiene legati alla preda, al nostro sogno. Su di lui concentriamo le nostre attenzioni, a volte eccessive.
Sull’uso o meno del fluorocarbon, o sulla sua eventuale doppiatura, esiste uno scisma tra gli appassionati e, forse come sempre, la verità sta in mezzo. Ossia, ogni soluzione è dettata dalle situazioni.
Non riteniamo che l’uso del fluorocarbon sia indicato quando peschiamo con esche come i cefalopodi, a mobilità ridotta, e dove è richiesta una resistenza all’abrasione perché, appunto, il terminale stesso finisce a contatto con le fauci della preda.
Per la pesca a mezz’acqua, innescando pesciolini, meglio ancora su un bell’amo circle, il nylon ha dalla sua il fatto di stare in acqua in maniera più morbida.
Sull’invisibilità in senso assoluto crediamo poco; siamo convinti, invece, che entrambi i materiali, in particolari momenti centrali della giornata, con sole alto, possano rappresentare comunque una linea di luce di disturbo. Non a caso, specie su secche poco profonde, il cielo coperto garantisce qualche cattura in più.
Riguardo alla doppiatura è, a volte, più una questione di tranquillità mentale farla e su terminali dello 0.47/0.50 non dovrebbe pregiudicare più di tanto; anzi, se peschiamo con trainante fisso, e quindi dovendo realizzare un nodo, aiuta a garantire maggiore tenuta.
Quindi… come dicevamo, è tutto un equilibrio, e intervenire anche su un solo elemento può pregiudicare o migliorare l’efficacia in traina. Come dire che bisogna avere una visione a 360° di quello che facciamo, perché non basta cambiare un amo per avere minori slamate, e non basta aumentare un piombo per scendere meglio!