Il circle … quell’amo così strano
Di Domenico Craveli
Ami circle e surfcasting, un connubio che sembrava impossibile, quasi come un frutto illegittimo, invece può rappresentare una soluzione alternativa quando si cercano grandi pesci con fili sottili.
Gli ami circle nascono per la pesca dalla barca, ed erano inizialmente disponibili solo in misure xxl, destinati ai grandi predatori oceanici. Man mano, il loro utilizzo si è diffuso anche in tecniche più light, come la traina con il vivo, il drifting leggero e il bolentino. Proprio quest’ultima tecnica ci ha dato lo spunto per una esportazione d’uso nella pesca dalla spiaggia.
Il perché di una scelta
Il circle mette al riparo il terminale dalle fauci del predatore. E se anche un serra si può allamare con questi ami…
Pesci sempre più sospettosi impongono un progressivo alleggerimento di lenze e terminali, che mal si coniugano con apparati boccali armati di denti, placche ossee ed affini. Ed allora perché non usare un amo che nella quasi totalità delle volte trova appiglio ai margini esterni della bocca, solitamente tra mandibola e mascella, e che impedisce alla preda di slamarsi rendendo i recuperi meno incerti, soprattutto nelle ultime fasi di combattimento quando la preda cambia continuamente assetto nel cavo dell’onda o a ridosso del gradino di risacca?
Gli inneschi
Una spigolotta, che è stata rilasciata prontamente, è rimasta vittima di un salsicciotto di cefalopode, confermandoci comunque la bontà della soluzione adottata. Da notare il punto di infissione dell’amo, nonostante fosse sproporzionato come dimensione alla mole della preda
Considerando che nella pesca dalla barca si è soliti legare l’amo con un’asola, in modo che sia libero di ruotare quando è nella bocca del pesce, e non vincolato da un nodo serrato sul suo occhiello, abbiamo all’inizio ritenuto fondamentale replicare anche a surf questo tipo di montaggio. In realtà, con numerose prove, ci siamo resi conto che l’amo compie il suo egregio lavoro anche con legatura classica e che espleta le sue peculiari caratteristiche di infissione nell’apparato boccale del pesce, anche se ben assicurato all’interno di un salsicciotto da serra, oppure in una striscia di cefalopode per spigole ed orate.
Anche su grossi vermi ed anellidi va bene, a patto di innescare con ago passante dal lato del capo libero del filo che poi andrà alla girella del trave. Una piccola noia che ci limita in velocità d’azione, ma che ci permette di stare tranquilli in caso di cattura importante.
Auto-ferrante… si fa per dire
E’ fondamentale che la taratura della frizione sia abbastanza “tosta”. Serve, infatti, una buona resistenza contraria per far penetrare bene il circle con canna sul picchetto
Il circle, conosciuto anche come auto-ferrante, in realtà tanto auto-ferrante non è: infatti, per lo strike è necessaria una certa forza contraria per permettere all’amo stesso di penetrare in un punto comunque complicato della bocca del pesce. Per rendere efficace il tutto, infatti, è necessario che la canna sia ad azione ripartita e la frizione abbastanza serrata, diversamente, meglio optare per ami classici, poiché si rischierebbero numerose lisciate. Anche il filo in bobina non dovrà essere troppo sottile, uno 0.25/0.26 non eccessivamente elastico fa la sua parte. Infatti, pensare che un circle possa inffiggersi, con uno 0.20/0.22 a 70/80 metri da noi, è pura utopia. Quindi tale soluzione per essere funzionale ha bisogno dell’ equilibrio di tutto il complesso pescante; diversamente, si avranno più dolori che gioie. Il circle è un amo che o si ama o si odia, non rappresenta la chiave di volta per tutte le situazioni, ma ha un campo di applicazione vasto, e con le grandi prede, secondo il parere di chi lo usa da anni, non ha rivali.