Magazine Tecniche verticali

Super light vertical: a caccia delle prede del sottocosta

Di Domenico Craveli

 

L’estate è il momento migliore per insidiare le prede del sotto costa. Lo faremo ricorrendo alle tecniche verticali, ma in versione assolutamente light. Un’esperienza che non scorderemo facilmente, per le emozioni e le sorprese che potremo ricavarne.

Una variante della tecnica classica che non solo sarà praticabile con poco sforzo fisico ma che ci permetterà di assicurarci cene di tutto rispetto, quando le prede giganti latitano; una versione ibrida che si colloca tra vertical e spinning

Le ricciole di branco in basso fondale sono prede possibili di questa tecnica

Il Vj è una tecnica impegnativa dedicata ai grandi pesci nelle grandi profondità. Ma le condizioni estive, oltretutto, sono le meno adatte per questi obbiettivi e il caldo rende difficile se non impossibile jercare con continuità e determinazione con attrezzature pesanti.

E allora non resta che cambiare approccio e soprattutto profondità. In questo periodo l’attività dei pinnuti si sposta su fondali poco profondi, ricchi di posidonia, zone ricche di grandi banchi di minutaglia al cui seguito non possono non esserci i predatori.

Questa convinzione ci ha portato da tempo a sondare ed insistere in queste aree dove mai avremmo pensato prima di calare un jig.

Invece, provando, con jig molto piccoli, in queste particolari zone abbiamo ottenuto risultati insperati.

Meglio sul basso

Alle piccole esche pochi pesci riescono a resistere ..

Che bei pesci scorrazzino sul basso fondale è cosa nota, certo non sono pinnuti facili, ma con un minimo di tecnica ed applicazione possono essere stimolati dai nostri mini “ferri”.

Praterie di posidonia, scogliere, relitti o addirittura piccoli manufatti sommersi, su batimetriche comprese tra i -12 e i -30 metri, sono gli spot su cui praticare questa variante della tecnica. 

Ricciole di branco,  barracuda, palamite, dentici, lecce (grosse stella e amia), pesci serra, e spigole,  rappresentano invece le potenziali prede.

Naturalmente questa tecnica non è un modo per compiere stragi di piccoli predatori (l’acqua bassa è un banco di prova durissimo per il pescatore), ma è un modo per trovare comunque svago e divertimento in quelle porzioni di mare “normali”, dove magari il grande dentice e la big ricciola rappresentano, per motivi ambientali, un desiderio irrealizzabile.

E poi, un pesce di qualche chilo , su un’ attrezzatura davvero light, è comunque appagante e gratificante.

Come attrezzarsi

Un corredo minimalista prevede una canna, un mulinello, multifilo in bobina, nylon per il leader, minuteria di collegamento e qualche jig; ma andiamo nel dettaglio ad analizzare ogni singolo elemento.

La Canna: per praticare questa tecnica sono necessarie spinning rod con potenza non oltre i 65gr. Il Mulinello: leggero, robusto, dovrà essere di classe 4000/5000 e sarà corredato da una frizione di buona qualità. Il ratio ideale è  5:1 o 6:1, perché in molte situazioni l’alta velocità di recupero sarà una carta in più da giocare.

Multifilo: il diametro per questa tecnica è uno 0.14, circa 15lbs, di quelli trattati superficialmente per diminuirne l’attrito in acqua durante la discesa del jig.

E importantissimo non lesinare sulla qualità del trecciato. Optare sempre per prodotti di prima qualità è una garanzia di successo durata e affidabilità.

Non sarà necessario caricare più di 150 metri, che saranno sufficienti per affrontare qualunque tipo di situazione.

Le attrezzature leggere garantiscono grande divertimento anche con prede modeste

Leader: meglio di nylon (per la morbidezza) che di fluor carbon; il nostro leader sarà lungo circa 1.5 metri, collegato al trecciato tramite un nodo a minimo ingombro Per i diametri ci si può orientare verso uno 0,30/0,35, o uno 0.40 al massimo.

Minuteria: Per collegare il jig al leader si usano dei comunissimi spin clip. Pratici, affidabili e veloci, sono quanto di meglio si possa utilizzare. I moschettoni è meglio evitarli.

Jig: modelli magici non ne esistono, bisogna provare. Si possono utilizzare sia con ancoretta che con mini assist hook.

La prima soluzione si fa preferire con scarroccio elevato e jig recuperati in diagonale. Ha come contro però qualche slamata di troppo e frequenti arrocchi su fondali eterogeni.

Volendo può essere sostituita con un amo opportunamente dimensionato.

L’assist invece rimane efficace con jig che lavorano più o meno in verticale e limita notevolmente gli incagli.

Piccoli e micidiali, si muovono nervosamente come i pesci foraggio
Ed ora in pesca

Giunti sul luogo di pesca, lanceremo il nostro jig a qualche metro dalla barca per allontanarlo un po’ dalla verticale.

In base allo scarroccio fluttuerà in corrente attirando già in questa fase il predatore.

Per quel che riguarda il recupero, non esistono regole. Spesso è un’azione di jerking lento, sia long che short ad essere efficace.

Mentre a volte sarà l’ultra speed, anche senza oscillare la canna, a fare la differenza.

Anche le lampughe non rimangono indifferenti ad un piccolo jig ben manovrato

Prestare attenzione nelle ultime fasi del recupero, perchè distrarsi significherebbe schiantare il vettino della canna o, peggio, rischiare di essere colpiti in viso dall’esca stessa, che schizzerebbe fuori per effetto della velocità.

Spesso sotto la chiglia potremo vedere i predatori scodare dietro il nostro artificiale, e magari gustarsi l’attacco o la smusata di rifiuto… Sicuramente un’esperienza da non perdere, specialmente nelle ore di cambio di luce.