Magazine Tecniche verticali

Alla ricerca dei pesci ..in rosa: il fascino profondo del vertical ultra light

fragolino
di Domenico Craveli

 

Siamo nel pieno della primavera e pescare in verticale, in modo leggero, può regalarci inaspettate soddisfazioni, rappresentando una modalità di pesca quasi frugale e minimalistica ma dalle enormi potenzialità.

Attrezzature semplici che ci permetteranno di insidiare prede che metteranno in secondo piano anche quelle della traina con il vivo, con l’ulteriore valore aggiunto di non avere l’incubo della ricerca delle esche che, non sempre, in questo periodo, sono di facile reperibilità.

Vediamo quindi insieme come avventurarci con successo alla ricerca dei pesci in rosa …

Un po’ di storia

 Le tecniche light in japan style, sono nate nel sol levante per mirare alla cattura di pesci di pregio ma non necessariamente di grossa taglia.

Infatti, la preda per eccellenza per i pescatori con occhi a mandorla, è il pagro giapponese, o TAI, “Pagrus major” per la scienza. Importate in Italia, queste discipline sono state adattate per i nostri predatori, cernie e dentici in primis, ma, se praticate nel modo più leggero, proprio come sono state pensate, permettono la cattura dei nostri sparidi pregiati in rosa.

Fragolini anche di grossa mole e paraghi non saranno più unico retaggio dei bolentinari più bravi.

Il target

Nella spasmodica e incessante ricerca di pesci importanti e di grossa taglia, ci si dimentica facilmente  di prede nobili e divertenti, anche se di mole modesta, ma che, se insidiate con metodo, possono rappresentare una divertente variante perfetta per questa stagione e non solo.

  Parliamo di pagelli, prai e… affini, pesci davvero da japan style! L’inchiku e il kabura sono tecniche straordinarie e il loro apice tecnico è magnificato non solo dalla cattura di dentici, cernie e magari ricciole ma, anche e soprattutto, da tutte quelle prede che è possibile insidiare negli ambienti più vari e spesso difficili, anche se si tratta di pesci solo di pochi etti.

 Pesci presenti praticamente lungo tutte le nostre coste, pesci insomma che possono regalare soddisfazioni anche nei settori di mare considerati avari di grandi animali.

Family in rosa…

praio

Un bel praio preso con un inchiku su un fondale profondo oltre i 100 metri

Pagelli e Prai sono pesci che turbano da sempre i sogni dei bolentinari più incalliti.

Pensare di realizzare gli stessi carnieri usando artificiali al posto dell’esca naturale non è possibile, però accade che la taglia media dei pesci che attaccano le nostre insidie “artificiali” è decisamente più grande.

Questi pregiati sparidi hanno abitudini diverse, ma i loro ambienti sono adiacenti e questo ci agevola nella loro ricerca.

I pagelli amano stare nelle aree fangose a ridosso di settori misti e rocciosi, proprio dove i prai prediligono alimentarsi, specialmente per quel che riguarda gli esemplari più giovani, perché i grossi iniziano ad avere abitudini più simili ai dentici e meriterebbero un discorso a parte.

Hot Spot

fragolino

 

 Se è vero che non tutte le zone d’Italia possono vantare batimetriche importanti sotto costa, è anche vero che per incontrare pagelli e prai degni di nota serve una colonna d’acqua importante per avere buone probabilità di successo.

Ogni “mare” ha le sue quote, e se in Adriatico 40 metri possono magari bastare, nel Tirreno Meridionale bisogna spingersi oltre gli 80 metri, fino ad arrivare anche ai 130.

Un fragolino di grossa taglia attaccato ad un palamito di un professionista. Capire le aree di cala dei palangari può essere utile per trovare nuovi spot

In ogni caso, sono i settori con notevoli salti batimetrici, con fondali caratterizzati da importanti differenze di morfologia, dove lo scoglio profondo lascia il posto al fango, quelli in cui dobbiamo insistere, sperando che corrente e scarroccio ci agevolino nelle passate.

Artificiosamente attratti

Pagelli e prai attaccano indistintamente sia l’octopus dell’inchiku che lo skirt del kabura.

Ci sono momenti di discreta attività trofica dove una soluzione vale l’altra, in altri momenti invece la scelta corretta è fondamentale.

L’inchiku dà il massimo in condizioni di forte corrente e con pesci che si muovono staccati dal fondo specialmente durante i flussi di bassa marea. Durante l’alta marea, invece, quando gli “sparidi” vanno a grufolare sul fondo, è il momento del kabura: il suo strisciare, i tonfi ripetuti sul substrato attirano in modo efficace questi pesci.

Altra discriminante di scelta è il tipo di fondale: inutile “massacrare” i costosi kabura su fondali dove ogni calata significa incagli.

Anche il fattore “luce” è importante: per i pagelli, alba e tramonto, i prai sono invece più attivi nelle ore centrali con sole alto.

Light…. Quello vero

gallinella

Pescando profondo le sorprese sono all’ordine del giorno… e se dal rosa si passa all’arancio… nessuno si dispiace

Una delle regole principali nella pesca a questi pesci è di utilizzare esche leggere in relazione alle condizioni.

Ossia, se corrente e scarroccio lo permettono, l’uso di un artificiale da 80 grammi è più produttivo dello stesso ma di peso superiore. Per i colori preferire tonalità rosse, arancio o brune.

I movimenti saranno in ogni caso lentissimi, sia con i kabura (dove è la normalità), che con gli inchiku, insistendo nei pressi del fondo, anche con lunghe pause (10 secondi almeno), mantenendo gli artificiali sospesi in corrente con le appendici fluttuanti.